L'Osservatorio ha sempre operato nell'ambito del pensiero critico, ma oggi parla di pensiero indipendente. Cosa significa questo passaggio?

Tutti voi sapete che, sostanzialmente, il mondo è cambiato in questi 25 anni. Oggi gli algoritmi di ricerca condizionano le nostre navigazioni e ci chiudono in mondi sempre più piccoli, avvicinandoci a persone che la pensano già come noi e allontanando quelli con cui ci potrebbe essere il gusto di un confronto.

Sapete che l'intelligenza artificiale corre e, quindi, la velocità del cambiamento assumerà un passo sempre più lungo e sempre più rapido. Sapete che la manipolazione è un rischio che tutti noi corriamo ogni giorno; soprattutto oggi, che l'informazione è senza confini e la propaganda, anche tra Paesi, sta diventando un grande argomento.

E allora, in questo tempo, il pensare critico andava associato al pensare indipendente. Qual è la differenza?

Tutti voi sapete che il pensiero critico è un pensiero razionale. È un pensiero che, di fronte a una notizia che ti arriva, ti porta per esempio a verificare la fonte. Ti porta magari ad andare a cercare i dati e a ragionare — con metodo deduttivo o induttivo — su come chi ha scritto quell'articolo sia giunto alle sue conseguenze. È, fondamentalmente, un sistema di analisi delle informazioni che ti raggiungono; un sistema razionale per capire se possono essere attendibili, o se sono solo verosimiglianze, o se non sono vere.

Il pensiero indipendente, invece, vuol dire qualcosa di più: vuol dire non rinunciare al coraggio di avere la propria idea e di esprimerla. Significa farlo dopo aver svolto il processo critico, ovviamente, ma senza accodarsi al coro e senza finire in una logica in cui è il coro il posto dove state.